隠れ老人



隠れ老人


ディーノ・ブッツァーティ

  ブッツァーティ読書会(稲垣豊典・淺見溢子・   井澤純子・大西三笠・奥野喜子・川上展子・太根紀子・町井初夫) 訳


挿絵:大西三笠




 15年以上にわたり私は、ごく若い頃パリに移住した日本人画家ヤマシタの友人だった。

 とても感じやすく、反応はほとんど女性的、ヨーロッパ的な教育を受けたカソリック、そんな人間だったヤマシタは、パリ暮らしの最初のころは、そうであるべき本物の芸術家というよりは、だらしないプレイボーイのようだった。裕福な家の金が可能にさせたその贅沢な散財は、当然ながら長きにわたって彼をカンバスと絵具から遠ざからせていた。彼が仕事に真剣に打ち込んだのはずっと後の、40歳を過ぎてからだった。ヤマシタの絵が七、八百くらいしか知られていないのはそのためで、当然ながらその値段は途方もないものとなっている。

 丁重で真摯で機知に富み、誰よりも空想、寛容、誠意に満ちていた。よく遠い祖国の驚くべき奇妙な話をいくつか、我々がいつもそれらの話を信じるように求めることなく語ってくれた。しかし、最初の出会いの時から私が彼に惹かれた理由というのは、この男が何かしら秘密を抱えているという、漠然とし説明しがたい鋭い感じがあったからだ。


 さて、先週の月曜のこと―2か月以上も会っていなかったが―ヤマシタから私に会いたいと電話がかかってきた。その同じ午後、私は彼の立派な仕事場を訪ねた。

 彼は私を出迎えて言った。

「つまるところあまり楽しくないあることを伝えなければならないけれども、許してくれ。でも、君は僕の親友だ、僕にはここパリに親戚はいない、他に誰を頼ればいいのか本当に分からない。手短に言うと、こういうことだ。僕はもう死ぬんだ」

「君が死ぬ? どうしたんだ? 病気? 気は確かか?」

「病気でも気が狂ってもいない」と彼は答えて、「けれど、数日しか残っていない、おそらくわずかな時間の命だ。心臓発作? 道路での衝突事故? 暗殺? 分からない。僕の命は雫の滴りなんだ」

「だけど、そう思うんなら、それだけの理由ってものがあるんじゃないのかい」

「もちろんある。このメガネで僕を見てみたまえ」

 ヤマシタはカートンのケースを開け、今世紀の初めに使われていたような、白い金属枠の鼻メガネを取り出す。彼はそれを私に差し出し、私はそれを掛け、そして私は石のように固まってしまう。

 ほんの一瞬前まで精力と健康にあふれたいい男がいたところに、今、私はすっかり縮んで萎びた哀れな老人を目にする。それにヤマシタの面影を認めるのはほとんど不可能だ。それでも、彼以外ではありえない。

 恐怖のあまり私はメガネを外す。友は、一瞬のうちに半世紀若返り、皮肉っぽい微笑とともに私を見つめる。

 さらに3回、私はそのレンズを目の前に持ち上げる。そして3回、こちら側よりもあちら側に恐ろしい廃人が現れる。

「もう返してくれるかい」とヤマシタは言う、「君はもう十分に見た。いま説明するよ」

 彼はゆったりとソファーに座り、煙草に火をつけ、そして次の話を語ってくれた。

「ちょうど20年前、僕はキョウトの学生だった。ある日、繁華街の一つを独りで通っていたとき、わけも分からず僕は立ち止まった―僕は日本人だが、決して近視や遠視になったことはない―かなりみすぼらしい小さな眼鏡屋の前で。ショーケースの中にはカメラ、望遠鏡、双眼鏡、レンズ、コンパス、そして何よりもメガネがあった。

 ごく控えめな値段からしても、どれも粗悪なものばかりだった。ところが、その乱雑に並べられた埃まみれの貧弱な見本の中に、私は一つの古ぼけたメガネを認め、値札には百万円と書いてあった。さっき君に渡して試してもらったメガネさ。

 単なるいたずら? 書き間違い? それともウラに何かあるのか? 興味があったので、店に入ってみた。新聞を読んでいる平凡な小柄な男がいた。

 彼に聞いた。 “ショーウインドウに陳列されているあのメガネは、どうして百万円なんですか?”

 すると彼は落ち着き払って、“ええ、まあ、お客さん、ご覧なさい、新品ではなく中古ですよ。きっと、老人を見るためのメガネなんてめったに出ませんよ”」

「老人を見るためのメガネ?」

「お待ちを、本題はこれから。あのメガネ、百万円どころじゃないんですよ。でもその前に言っておかないと。

 あなた、老いって何のことか考えたことあります? 老いって人生の最後の季節、でしょ? 死、あの世に行く前の控室、その前に来るものは、多かれ少なかれ肉体の衰えが伴っているでしょ。

 人生の最後の季節。つまり年齢は、厳密に言うと重要じゃない。そこで死と出会うであろう攻撃に出発する20歳の兵士は、外見だけは若いけれども、現実にはとても老いて破滅しているんです。生まれたばかりだけれども1か月以上生きながらえられない赤ん坊は、死ぬ間際の老人なんです。残りは全て幻の見せかけ。そして、このことを考える者がほとんどいないのは信じがたいことです。

 1時間後に樹に衝突する30歳のトラック運転手はとても老いており、明日脳溢血で卒中する50歳の男はとても年寄りであり、1週間後にトラックにひかれる少年はとても老人だし、海に転落する四頭立ての二輪馬車は、破滅のメトセラ(969年間生きた聖人)を載せて離陸するのです。しかし皆、秘かな、目に見えない、判別できない、自覚していない老人です。隠れ老人。隠れメトセラ。彼らを見分けることは誰にもできない。

 慌てないで。しかし、彼らを見ることができる者は誰かいる、少なくともキョウトの眼鏡屋は僕にそう請け合った。例えば、誰か魔法使い、彼が言うに、あるいは直観力を備えた稀有な医者。そして普通の人間のためには、君が今見たメガネがあるんだ。このレンズでもって君は直ちに真実を見る、もしある者が死の間近なら、君はその者に老いぼれた年寄りを見るのだ」

「しかし、誰が作ったんだい? 魔法のかかったメガネってわけか?」

「待てよ、まだ話は終わってはいない。僕はいつもどれほど気まぐれが気に入っていたか、君は知ってるだろう。百万円? 古ぼけたメガネにしては気違いじみた値段だ。でも、僕には奇妙な呼び声が聞こえていたんだ。ちょうど運命が合図するときのような。僕はその眼鏡屋にこう言った。 “もしこのレンズが本当にあなたの言うとおりなら、私は買ってもいい。だけど、そのとおりだとどうやって分かるんです? 間もなく死ぬに違いない少年あるいは少女をここのどこで見つけられるんです?” すると、彼は平然と “あなたは運がいい、お客さん。通りに出て右に30歩ほど行きなされ、すると庭があって、そこにとてもかわいい女の子が座っているのをご覧になる。かわいそうに、その子は白血病を患っているんです” と言った。

 僕はそのメガネを掴んで通りに出、その間、あの小男は一体どうして僕のことをそれほど信用したのだろうかと自問しながら30歩ほど行くと、庭があった。そこのデッキチェアーにとてもかわいい少女がいた、歳の頃18歳くらいだろうか。僕はメガネを掛ける、少女はすっかり歯の抜けた骨と皮ばかりの驚くべき魔女となる。

 ものすごいショックだ、想像できるだろう? 少し前、君に試してもらったとおりだ。しかし、ありえないチャンスでもある。考えてみろ、隣の人間の運命を前もって知ることができるんだ。君の運命もな。おとぎ話の中だけで起こることだ。結局、買うことに内心決める。

 その後、どうなったかは悪魔だけが知っている。僕は店に戻り始める。20歩、30歩、40歩とあちらこちらへと道を通る。無い。その眼鏡屋はとうとう見つからない。店はもう無い。まるで大地に飲み込まれてしまったかのように。ばかげたことだ、信じられない。そこで、近くの店主に、この通りに眼鏡屋さんはないですか? と尋ねる。彼らはけげんな顔をして、“眼鏡屋? この通りに? 見たこともないし、知らないね” と」

「で、君はどうしたんだ?」

「何も。メガネを持ったまま。他にどうしようもなかった。しかし、僕たちは日本でこうした驚きには結構慣れているから」

「で、そのあとは?」

「そのあと・・・。初めの頃は、そのメガネを掛けたり外したりして、人々を眺めて楽しんでいた。そして、時々発見があった。特に高速道路で、裸眼ではスーパースポーツカーのハンドルに筋骨隆々とした若者を見たが、メガネを掛けると、皺くちゃの身震いするようなミイラが見えた。しかし、結構皮肉な遊びだった。結局、僕は飽きてきて、メガネは机の抽出し行きとなった。ただ時々、鏡を持って下の“穴倉”に行き、メガネを引き出して自分を検査したが、何もない。最初は毎月、次に3か月ごと、次いで6か月ごと、その後は毎年、そして僕は安心してしまった。ところが今朝、とんでもない発見があった。何もかも台無しになった。治療や逃げ場を探しても無駄、抵抗しても無駄、家に閉じこもっても無駄。君も、ついさっき君が見た状態から僕が逃れるのは不可能だと認めるだろう」

「でも、君は何も感じないのか? 疲れているんじゃ? 鬱なのじゃないか?」

「全く違う。僕は、自分なりに全力を尽くすつもりだ。今ほど元気だったことはない。ところが、僕は世界で一番年老いた人間だ。友よ、君に永遠にサヨナラを言う時が来た。僕は別れを告げる。飛び立つ。サヨウナラ。あれは今、君にはやらない、君が受け取らないことを確信しているから。しかし、遺言としてあの罪深いメガネを君の手に残そう。抱擁も涙も心の痛みも無しに。むしろ、今、僕をこのままにしておいてくれ。まだいくつか片づけなければならないことがあるから」

 彼は私をドアまで送って来、エレベーターを呼び、私がケージに入って、動き出すまで待った。銃声が聞こえたとき、私はまだ下には着いていなかった。




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(同版表紙 自筆画)





I vecchi clandestini



Da oltre quindici anni ero amico di Yamashita, il pittore giapponese trasmigrato ancora giovanissimo a Parigi.

Persona estremamente sensibile, di reazioni quasi femminili, educato alla europea e cattolico, Yamashita, soprattutto nei primi tempi della sua esperienza parigina, sembrava più un viziato play-boy che un autentico artista quale era. Certo sue costose dissipazioni, consentitegli dalla ricchezza familiare, lo tenevano per lunghi periodi lontano dalla tavolozza e dai colori. E soltanto più tardi, passata ormai la quarantina, si impegnò seriamente. Ecco perché di Yamashita non si conoscono più di sette-otto-cento quadri, destinati sicuramente a raggiungere prezzi folli.

  Era cordiale, espansivo, spiritoso pieno di fantasia, di una generosità e di una lealtà a tutta prova. Del suo lontano paese usava raccontare una quantità di storie meravigliose e bizzarre senza pretendere che noi gli si prestasse sempre fede. Ma il motivo per cui fin dal primo incontro ne ero rimasto affascinato era la sensazione, vaga, inspiegabile ma acuta, che l’uomo avesse con sé un mistero.

 Bene. Lunedì scorso―erano più di due mesi che non lo vedevo―Yamashita mi telefona che ha bisogno di vedermi. Nello stesso pomeriggio vado a trovarlo nel suo magnifico studio.


 Mi viene incontro e mi dice:≪Perdona se devo comunicare una cosa nel complesso poco gradevole. Ma tu sei il mio migliore amico, io qui a Parigi non ho parenti, non saprei proprio a chi altri rivolgermi. Per farla corta, si tratta di questo: io sto per morire≫.

  ≪Tu stai per morire? Che cos’è successo? Sei malato? Oppure sei matto? ≫

  ≪Né malato né matto≫ risponde lui≪eppure mi restano pochi giorni, forse poche ore di vita. Un infarto? Un investimento stradale? Un assassinio? Chi lo sa. Comunque, la mia vita è agli sgoccioli. ≫

  ≪Ma ci sarà pure un motivo per cui te lo sei messo in mente, no?≫

  ≪Sicuro che c’è. Prova a guardarmi con questi occhiali.≫

  Yamashita apre un astuccio di cartone e ne estrae un paio di occhiali a stringinaso, come si usavano al principino del secolo, con montatura di metallo bianco. Me li porge, io me li metto, e rimango impietrito.

 Là dove un istante fa stava un bell’uomo nel pieno del vigore e della salute, io ora scorgo un miserando vecchietto tutto rattrappito e corroso, in cui è quasi impossibile riconoscere le sembianze di Yamashita. Eppure non può essere che lui.

  Inorridito. Mi tolgo gli occhiali: l’amico è là di fronte a me, ringiovanito istantaneamente di mezzo secolo, e mi guarda con un ironico sorriso.

  Tre volte ancora io sollevo le lenti dinanzi agli occhi; e per tre volte ricompare l’atroce rudere umano, più di là che di qua.

  ≪Puoi ridarmeli, per ora dice Yamashita. ≪Hai visto abbastanza. E adesso ti spiego.≫

  Si siede comodamente sul divano, accende una sigaretta e mi fa il seguente racconto:

≪ Giusto venti anni fa io ero studente a Kyoto. Un giorno, passando da solo per uno dei quartieri più popolari, mi sono fermato, non saprei dire il perché―io, per quanto giapponese, non sono mai stato né miope né presbite―dinanzi a una botteguccia piuttosto squallida di articoli ottici. Nella vetrinetta c’erano macchine fotografiche, cannocchiali, binocoli, lenti, compassi e soprattutto occhiali.

  ≪Tutta roba di qualità scadente, a giudicare anche dai modestissimi prezzi. Senonché, in mezzo a quel povero campionario disposto in disordine e pieno di polvere, ho notato un paio di vecchi occhiali e sul cartellino c’era scritto un milione di yen. Gli occhiali che ti ho dato da provare poco fa. 

≪Era uno scherzo? Un errore di scrittura? Oppure c’era sotto qualche cosa? Incuriosito, sono entrato. C’era un ometto insignificante che leggeva il giornale. Gli ho chiesto: ”Come mai quel paio di occhiali esposto in vetrina costa un milione di yen?”. E lui quieto quieto: ”Lo so, sono molto a buon mercato, ma vede, signore, non sono nuovi, sono usati; certo, di occhiali per vedere vecchi non se ne trovano molti in giro”.≫

≪Occhiali per vedere i vecchi?≫

   ≪Aspetta. Il bello viene adesso. Altro che un milione di yen valevano quegli occhiali. Ma bisogna fare una premessa.

  ≪Ti sei mai chiesto che cosa significhi vecchiasia?  Vecchiasia è l’ultima stagione della vita, vero? Quella che viene prima della morte, l’anticamera del trapasso, accompagnata da un più o meno marcato decadimento fisico.

  ≪L’ultima stagione della vita. Dunque l’età, strettamente parlando, non ha importanza. Un soltanto di vent’anni che parte all’assalto dove troverà la morte è giovante solo in apparenza; in realtà è già vecchissimo, decrepito, distrutto. Altrettanto vecchio cadente è al ventottesimo giorno di vita, il neonato che non camperà più di un mese. Tutto il resto è illusoria parvenza. Ed è incredibile come pochi ci pensino.

  ≪Vecchissimo è l’automobilista trentenne che tra un’ora si schianterà contro un albero, vecchissimo il cinquantenne che domani sarà fulminato da un colpo apoplettico, vecchissimo il ragazzino che tra una settimana sarà schiacciato da un camion. E decolla carico di crollanti matusalemmi il quadrigetto che precipiterà nell’oceano. Ma sono tutti vecchi  clandestini, invisibili, indecifrabili, inconsapevoli... Criptovecchi. Criptomatusa. Nessuno li sa riconoscere.

   ≪Adagio: qualcuno capace di vederli c’è così almeno mi ha garantito l’occhialaio di Kyoto. Qualche mago per esempio, ha detto, o anche qualche rarissimo clinico dotato di eccezionale intuito. E poi, per gli uomini comuni, ci sono gli occhiali che hai visto. Con queste lenti tu vede subito la verità, se uno ha la morte vicina tu lo vedi vecchio bacucco.≫

  ≪Ma chi li ha fabbricati? Sono occhiali stregati? ≫

 ≪Aspetta. Non ho finito. Tu sai come mi siano sempre piaciuti i colpi di testa. Un milione di yen? Per un paio di vecchi occhiali era una cifra pazzesca. Ma io sentivo uno strano richiamo. Come quando il destino ci fa un segno. Così ho detto all’occhialaio: “Se veramente queste lenti funzionano come lei dice, io sono disposto a comperarle; ma come faccio a sapere se funzionano? Dove lo trovo qui un giovane o una giovane che dovrà morire tra poco?”. E lui pacifico: ”Lei è fortunato, signore. Esca sulla strada, faccia una trentina di passi a destra e troverà un giardino, seduta in giardino vedrà una bellissima fanciulla: poverina, è ammalata di leucemia”.

 ≪Io ho preso gli occhiali, sono uscito in strada, tra parentesi mi domandavo come mai l’ometto si fidasse tanto di me, ho fatto una trentina di passi e ho trovato il giardino. Su una sdraio c’era una ragazza bellissima, avarà avuto sì e no diciotto anni. Io inforco gli occhiali e la ragazzina diventa una spaventosa strega sdentata tutta pelle e ossa.

 ≪Un bello choc, puoi immaginare. Come quello che ti ho fatto provare poco fa. Ma anche una inverosimile occasione. Ci pensi? Poter conoscere in anticipo il destino del prossimo; e il destino tuo. Cose che succedono soltanto nelle fiabe. Insomma decido dentro di me di comperarli.  

 ≪Poi che cosa sia successo lo sa soltanto il diavolo. Faccio per tornare verso la bottega: venti passi, trenta passi, quaranta passi, rifaccio la strada in un senso e nell’altro. Niente. La bottega dell’occhialaio non riesco più a trovarla. La bottega non c’è più. Come se fosse stata inghiottita dalla terra. Era assurdo, no? Era incredibile, no? Allora domando ai negozianti vicini: in questa strada non c’è un negozio di occhiali? Quelli fanno delle facce strane: “Negozio di occhiali? In questa strada? Mai visto né conosciuto”. ≫

  ≪E tu allora?≫

  ≪Niente. Tenersi gli occhiali. Non c’era altro da fare. Del resto noi in Giappone siamo abbastanza abituati a sorprese del genere.≫

   ≪E dopo? ≫

  ≪Dopo... Nei primi tempi mi divertivo a guardare la gente, mettendomi e togliendomi gli occhiali; e ogni tanto facevo delle scoperte; specialmente sulle autostrade: a occhio nudo vedevo volante delle supersport dei fusti formidabili, con gli occhiali vedevo delle mummie rugose e tremebonde. Ma era un giochetto abbastanza sinistro. Morale, mi sono stufato e gli occhiali sono finiti nella cassetta in banca. Solo ogni tanto andavo giù nel ”caveau” con uno specchio, tiravo fuori gli occhiali e mi controllavo, non si sa mai. Da principio ogni mese, poi ogni tre, poi ogni sei, poi ogni anno, ormai avevo preso confidenza in me stesso. Ma queta mattina ho fatto la bella scoperta. Silurato in pieno. Inutile cercare rimedi e scappatoie, inutile ribellarsi, inutile stare chiusi in casa. Lo ammetterai anche tu che non si può campare nelle condizioni in cui mi hai visto poco fa.≫

   ≪Ma tu non ti senti niente? Sei stanco? Sei depresso? ≫

   ≪Neanche per idea. Io, per me, farei salti mortali. Mai stato bene come adesso. Eppure sono l’uomo più vecchio del mondo. Ed è venuto il momento di salutarti per sempre, amico mio. Prendo congedo. Spicco il volo. Adieu. E non te li do adesso perché sono sicuro che non li accetteresti, ma per testamento ti lascerò i dannati occhiali. E niente abbracci, niente lacrime, niente patemi d’animo. Piuttosto ora dovresti lasciarmi perché ho ancora qualche cosuccia da sistemare.≫

   Mi ha accompagnato alla porta, ha chiamato l’ascensore, ha aspettato che io entrassi e che la cabina partisse.

  Non ero ancora giunto in basso che si è sentito lo sparo.



(Dino Buzzati, Le Notti Difficili, Mondadori 2022 (1971), pp. 236-40.)



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